giovedì, febbraio 26

Carnevale e stupore

immagine del Cinematic Carnival @ Lochness Lounge

semel in anno licet insanire

Mardi gras. Esercizio di stupore per chi traveste se stesso da pirata, da autovelox, da angelo, da personaggio colorato di un circo mentale. Il corpo diventa l'attaccapanni su cui montare una performance pubblica. Gli occhi: cerchiati di trucco, coperti da occhiali da sciatore, imbrigliati da un burqa zebrato. La bocca: arsa di rossetto, attaccata ad un bicchiere, in posa. Il seno: scoperto dallo scollo della dama, reso transgender da un reggiseno a balconcino, toccato. L'inguine: corazzato dentro un costume di pelliccia, esposto come un rosa coniglietto, avvicinato.
Ammattire, trasgredire in un periodo stabilito è un antidoto pagano e saggio per reggere il carico di paure e costrizioni per i 40 successivi giorni di quaresima, per concentrarsi impeccabimente sui compiti produttivi da assolvere.
Ma il giorno dopo l'ultimo di carnevale, io vedo camminare per strada una ragazza con la gonna e le orecchie da Minnie. Lo stupore del travestimento rompe gli argini ed inonda ogni tempo dell'anno, con un suo anarchico ritmo. I mercanti di soldi e di merchandising se ne servono e appiattiscono certe usanze, ma lo stupore rimane una forza da esercitare. Un diritto. Un'attitudine che ammortizza l'ansia di non essere prossimi ai nostri obiettivi più grandi o di averli ormai archiviati. Giocare ad essere qualcosa senza doveri, elaborando anche quello più assiduo e crudele, il dover piacere. Il desiderio di una evanescente maternità può riempire la pancia di calzini, ingravidando una vergine vestita premaman. Un abito elegantissimo e scuro può approssimare un tale alle sembianze del suo odiato nemico.
I gesti che facciamo li abbiamo copiati da coloro che ce li hanno esibiti davanti, le forme che assumiamo emulano quelle che la nostra immaginazione partorisce, in incubi e fiabe. Non ci sono animali o uomini, oppure oggetti che restano fuori da questa rappresentazione di ciò che siamo dentro a quello che non saremo mai.

mercoledì, febbraio 18

Fura senza furia












La sedia scotta quando il teatro in cui sei spettatore ti rende protagonista di un sequestro. Il Boris Godunov della Fura dels Baus arriva a Firenze preceduto da un carico di aspettative. Cartelli appesi ovunque all'ingresso lo sconsigliano a cardiopatici, minori di 14 anni e donne in gravidanza. La sensazione della premessa è la paura: paura di aver paura, paura che il realismo provochi reazioni di panico. Chi partecipa allo spettacolo sa che esso trae ispirazione dalla reale tragedia che si è sviluppata al Dubrovka di Mosca nel 2002. Il primo giorno del sequestro furono i bambini e un cardiopatico ad essere rilasciati dai militanti ceceni che avevano il comando di quella azione, le stesse categorie non sono ammesse allo spettacolo al Saschall.
Gli attori ripercorrono il susseguirsi delle fasi e riproducono ipotetiche situazioni, dialoghi, discussioni verosimili in una situazione di tensione, confusione e morte. La regia di Àlex Ollé accavalla le prospettive, proponendo video delle riunioni dei politici russi, retroscena del teatro stesso (i filmati sono girati proprio all'esterno del Saschall), brani dell'opera teatrale Boris Godunov. Il risultato è di impatto intellettivo, sono di intensità particolare gli interventi della giornalista chiamata alla mediazione, Anna Politkovskaya. Tra tutte le parentesi relative ai protagonisti dell'attacco, ai loro terribili vissuti, c'è una improvvisazione che mi coinvolge: un prigioniero tra gli attori e una sequestratrice, anche lei attrice, si soffermano su un dialogo tratto dal testo teatrale. Parlano dei ruoli, di potere, di donne e uomini, di giovani che vogliono fare la loro storia e di potenti che li usano per fare la guerra.
Di quando in quando gli ostaggi sono minacciati e portati sul palco, ma parlano spagnolo ed è chiaro che noi, spettatori fiorentini, non siamo in pericolo. Intervenire sulla vulnerabilità di qualcuno di noi metterebbe a rischio lo scorrere dello spettacolo sui suoi binari stabiliti, e la compagnia non è alla ricerca di strappi al copione. Molti di fianco a me sono concentrati sui sottotitoli, freddi. Altri a momenti si guardano e ridono e capita anche a me. In fondo siamo dentro ad una farsa di buona qualità, ma troppo riconoscibile per raggiungere anche solo per alcuni minuti il terrore reale che devono aver provato gli ostaggi in Russia. Forse autosuggestionarsi e pensare davvero che possa succedere anche a noi, che ci riteniamo innocenti rispetto alle scelte dei governi, può essere un minimo tributo da rendere al loro dramma.

martedì, febbraio 17

Gli strani casi della natura umana

regia di David Fincher

One more reason to love New Orleans. La città flagellata da uragani atmosferici e sociali è quella scelta per dare vita al curioso caso di Benjamin Button. La trama del film propone la medesima fanatasia di Charlie Chaplin che ho letto su una maglietta in vendita a Rio de Janeiro:

"A coisa mais injusta sobre a vida é a maneira como ela termina.
Eu acho que o verdadeiro ciclo da vida está todo de trás pra frente.
Nós deveríamos morrer primeiro, nos livrar logo disso.
Daí viver num asilo, até ser chutado pra fora de lá por estar muito novo.
Ganhar um relógio de ouro e ir trabalhar.
Então você trabalha 40 anos até ficar novo o bastante para poder aproveitar sua aposentadoria.
Aí você curte tudo, bebe bastante álcool, faz festas e se prepara pra faculdade.
Você vai pro colégio, tem várias namoradas, vira criança, não tem nenhuma responsabilidade, se torna um bebezinho de colo, volta pro útero da mãe, passa seus últimos nove meses de vida flutuando...
E termina tudo com um ótimo orgasmo!!!
Não seria perfeito?"

Nascere vecchi e risalire la vita ringiovanendo. Fantasia anticonvenzionale e sovvertitrice. I mondi dell'infanzia e della vecchiaia hanno elementi simili eppure vengono ad opporsi nel nostro immaginario culturale. Solo nel carnevale il corpo grottesco ne riuniva dei tratti, giocando sulla commistione della morte con il senso di fecondo. Nella vita regolare, lavorativa e quotidiana, sono tempi di vita improduttiva ben distanziati da un percorso di maturità che esaurisce gran parte dell'esistenza.
Un uomo anziano che presta attenzione ad una bambina: se non è il nonno è un pedofilo. Una bambina che vive con curiosità un signore sconosciuto e anziano, da chi verrebbe incoraggiata? La società limita brutalmente gli spazi di incontro tra queste due categorie, li regolamenta entro cornici molto precise. La distanza lecita si impone sui protagonisti della storia d'amore del film, che riescono a incontrarsi, fare sesso ed amarsi alla luce del sole soltanto al centro delle loro età, quando l'invecchiare di lei e il ringiovanire di lui non stonano insieme. Anche nelle altre fasi della loro esistenza sono anime elette che si scelgono, ma nel rispetto di ruoli che non turbano i tabu pubblici.
Benjamin fa sorgere dei problemi di accettazione fin dalla sua venuta al mondo. Il padre lo abbandona di corsa perchè lo vede orribile, per poco non lo dà alle acque del fiume come un piccolo Mosè. Chi accetta di crescere un essere dalla natura rifiutata? La storia lo affida ad una signora nera che vive e lavora in una casa di riposo per anziani. La sua vicinanza alle fattezze dei vecchi, una mente aperta e pratica e il potente istinto materno la rendono in grado di accettare il compito a cui lo strano caso l'ha messa di fronte. Tutta quanta la diversità del neonato entra all'interno di un cassetto.
Nell'ambiente dinamico e rilassato della villa in cui vivono, luogo di suonate di pianoforte, di incubi, di salone di legno e sedie a rotelle che si fermano nel patìo, lontano da obblighi scolastici o di registrazione anagrafica, Benjamin può lentamente trovare il suo modo di camminare.
Quando sarà abbastanza "grande" per andarsene di casa sceglierà il mare, avrà lavoro come membro di un equipaggio. La mobilità ed un codice non troppo legato alla terra ferma danno al "diverso" la possibilità di crescere, di rivelarsi. Altra sua alleata sarà la notte, tempo in cui scoprirà la passione e le storie delle donne, in un albergo russo desolato ma sicuro, che ricorda la casa in cui ha passato i suoi primi anni.
Elogio alla vita che non rinnega le sue nature, il film apre spazi mentali che scardinano le nostre previsioni. Consiglio di vederlo in lingua inglese USA con sottotitoli in ebraico per non perdersi la profondità archetipica ed emozionale.