lunedì, marzo 9

Un destino chiamato vagina

Sono sempre stata ossessionata dall’idea di dare un nome alle cose. Se potevo dare loro un nome, potevo conoscerle. Se potevo dar loro un nome, po­tevo dominarle. Potevano essere mie amiche.


Nei monologhi della vagina, la parola che ricorre maggiormente è proprio "vagina". Eve Ensler ha scritto un racconto distillando oltre duecento storie di donne incontrate durante interviste a tema esplicitamente genitale. L'incontro dell'autrice con ragazze e signore di ogni età incrementa l'appeal del contenuto. L'8 di marzo è la data in cui il suo spettacolo viene proposto al pubblico fiorentino, in teatro e in libreria. La festa della donna diventa la festa della vagina, dell'orgoglio di averla. The V-day, appuntamento di identità di genere.
"Donna" è il nome che si dà a una femmina, a colei che è nata con la vagina ed è culturalmente indirizzata a comportarsi vestendo ruoli, compiti, incubi e abiti da donna. I monologhi della vagina sono discorsi intorno alla relazione della femmina con i propri genitali, con la sessualità in essi contenuta, con l'affetto, i traumi, gli eufemismi, i tabu della fica.
Tra il pubblico ci sono uomini che ridono alle battute, alcuni baciano più volte la testa delle loro fidanzate, altri non sono presenti, non erano interessati o coinvolti dalla tematica. Alcuni di loro sbagliano il titolo riferendosi ai "dialoghi della vagina", quasi a riprodurre l'idea maschilista di una donna incompleta se non protesa verso un uomo, non adatta a masturbarsi. Eppure la vagina è la porta della vita per tutti, uomini, donne, animali. Niente di più semplice e carnale, niente di più complicato da simbologie e sistemi di comportamento che in tempi di repressione tendono all'etereo, all'immateriale.
Ascoltare argomenti di solito evitati o sussurrati che invece acquisiscono la completezza della pronuncia ad alta voce, ti diverte. A tratti comunque ti fa storcere sulla sedia, trovi a chiederti come è meglio incrociare le braccia sopra al petto: il monologo ti illumina
l'inguine c
on un faro, le posture con cui lo siedi. Che linea sottile divide l'orgoglio dell'ostentazione dall'accusa di provocazione? Non sono soltanto le signore cresciute prima del '68 ad avere schemi rigidi in cui inserire le proprie cavità, i liquidi, gli odori, il/la clitoride.

The New York Times, 12 aprile 1996
La mia vagina è arrabbiata. Davvero. È incazzata.
La mia vagina è furiosa e ha bisogno di parlare. Ha bisogno di parlare di tutta questa merda. Ha biso­gno di parlarvi. Allora, cos’è questa faccenda... C’è in giro un esercito di persone, che escogitano mo­di per torturare la mia povera, gentile e amorevole vagina... Che passano i giorni a fabbricare psico­prodotti e idee orrende per minare la mia passera. Rompicoglioni della vagina!
Tutta questa merda che cercano senza sosta di spingerci dentro, per pulirci, per imbottirci, la fa­ranno scomparire. Bene, la mia vagina non se ne andrà. È incazzata e se ne starà qui. Prendi i tam­poni... che diavolo è ‘sta roba? Un fottuto tampone di cotone asciutto, infilato dentro. Perché non tro­vano un modo per lùbrificare leggermente il tam­pone? Appena la mia vagina lo vede, ha uno choc. Dice: “Lascia perdere”. Si chiude. Dovete saperci fare con la vagina, prepararla alle cose. E tutta una faccenda di preliminari. Dovete convincere la mia vagina, sedurre la mia vagina, suscitare la fiducia della mia vagina. Non potete riuscirci con un fot­tuto tampone di cotone asciutto.


Propongo un esercizio a donne e uomini di questi tempi, per sondare quanto i nostri pudori siano iscritti nel monologo del nostro corpo: dare risposta a queste 2 domande tratte dal testo della Ensler.
uno, Se la vagina si vestisse, che cosa indosserebbe?
due, Se la vagina potesse parlare, che cosa direbbe, in due parole?

4 commenti:

  1. risposta uno dalle interviste di Eve.

    Una giacca di pelle.
    Calze di seta.
    Una pelliccia di visone.
    Un boa rosa.
    Uno smoking da uomo.
    I jeans.
    Qualcosa di aderente.
    Smeraldi.
    Un abito da sera.
    Lustrini.
    Solo Armam.
    Un tutù.
    Biancheria nera trasparente.
    Un abito da ballo di taffetà.
    Qualcosa che si possa lavare in lavatrice.
    Una maschera di carnevale.
    Un pigiama di velluto viola.
    Angora.
    Un fiocco rosso.
    Ermellino e perle.
    Un grande cappello pieno di fiòri.
    Un cappello di leopardo.
    Un kimono di seta.
    Un basco.
    Pantaloni di felpa.
    Un tatuaggio.
    Un congegno che dà la scossa per tener lontani
    gli sconosciuti inopportuni.
    Tacchi alti.
    Pizzi e anfibi..
    Piume porpora, rametti e conchiglie.
    Cotone.
    Uno scamiciato.
    Un bikini.
    Un impermeabile di gomma.

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  2. risposte due:

    Va’ più piano.
    Sei tu?
    Nutrimi.
    Ho voglia.
    Mmm, buono.
    Oh, sì.
    Ricomincia.
    No, lì.
    Leccami.
    Resta a casa.
    Scelta coraggiosa.
    Ripensaci.
    Ancora, per favore.
    Abbracciami.
    Giochiamo.
    Non smettere.
    Ancora, ancora.
    Ti ricordi di me?
    Vieni dentro.
    Non ancora.
    Wow!
    Sì, sì.
    Cullami.
    Entra a tuo rischio e pericolo.
    Oh, Dio!
    Grazie a Dio.
    Sono qui.
    Andiamo.
    Trovami.
    Grazie.
    Bonjour.
    Troppo duro.
    Non mollare.
    Dov’è Brian?
    Così va meglio.
    SI, lì. Lì.

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  3. Valentina:
    1. indosserebbe l’olio solare sempre: a scelta l’alta o la bassa protezione .. poi dipende, costume o integrale .
    2. o te che in me incappi, sarai sempre uguale?

    Natascia:
    Vestito: tutina di ciniglia
    Direbbe: voglio un lubrificatore per i tamponi

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  4. Zot:
    1 Carta vetrata.
    2 E' tutta colpa della crisi...

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